Da anni sentiamo parlare di Co2 e sappiamo bene che ne emettiamo troppa e che resta intrappolata nell’atmosfera contribuendo in modo negativo al surriscaldamento globale facendo sciogliere i ghiacciai e uccidendo diverse specie viventi. Ora invece stiamo sentendo che non c’è più abbastanza Co2 a disposizione per produrre l’acqua frizzante. Che cosa sta succedendo?
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Ecco l’allarme
A segnalare la difficoltà è stato il presidente e l’amministratore delegato di un’importantissima acqua, il più grosso produttore di acqua oligominerale da bere in tutt’Europa. Egli si è fatto portavoce di tutta una intera catena del settore, fatta di decine di aziende che hanno tutte lo stesso problema: non si trova più anidride carbonica per rendere frizzanti l’acqua e le altre bevande.
Ebbene sì, le bollicine che si sentono sulla lingua bevendo acqua gasata, bevande zuccherate o Coca Cola altro non sono che anidride carbonica. Ma oggi la Co2 è davvero introvabile e siamo disperati. A tali difficoltà si devono poi aggiungere anche dei problemi legati alla siccità, all’aumento dei prezzi e ai costi dell’energia. Inoltre, anche trasportare la Co2 è una cosa difficile in quanto servono camion o vagoni che siano in grado di portare delle bombole o delle cisterne refrigerate a -80 gradi.
Il problema in realtà si trascina già da un po’ di tempo, e in particolare dalla fine dello scorso anno anche se non aveva mai raggiunto livelli record come in questo momento, tanto che le aziende lanciano un vero allarme perché se non si trova altra anidride carbonica, l’acqua frizzate scomparirà dagli scaffali dei supermercati.
Ma come finisce la Co2 nell’acqua che beviamo?
L’acqua gasata non si trova in natura ma è una normalissima acqua naturale a cui viene aggiunta proprio l’anidride carbonica, tramite un processo che si chiama carbonazione. Come tutto ciò che entra a contatto con l’uomo e con il suo sistema digerente, anche la Co2 che troviamo in natura deve essere purificata e sciolta, prima di finire nell’acqua del supermercato.
Ma allora da dove viene questa crisi?
Il problema è che essa non viene usata solo per rendere frizzante una bibita, ma anche in altri ambiti. Essa serve per la preparazione dei surgelati, per la verdura in busta, per impedire la crescita di batteri e muffe ma anche in sanità. E, come per altri casi, tutto riporta alla pandemia: le industrie che si occupano del processo di carbonazione ci dicono che la maggior parte della loro produzione è passata dal settore alimentare a quello sanitario, che ha avuto bisogno di dosi maggiori di Co2.