La gustosa bresaola della Valtellina IGP viene fatta in gran parte con della carne congelata di zebù, ovvero un bovino con la gobba che viene allevato in Sudamerica (in Brasile più nello specifico), ma che è originario dell’Asia e dell’Africa (in India lo zebù viene considerata una mucca sacra). In Brasile gli zebù vennero importati nel primo XX secolo e incrociati con una razza bovina di origine francese, la Charolaise.
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Il salume derivato da questo bovino viene spacciato come tipico della Valtellina, si tratta quindi di una truffa alimentare? In realtà no perché questo lo consente il disciplinare di produzione, anche se il consumatore medio non lo sa, il gradimento degli italiani nei confronti della bresaola è cresciuto del 39% rispetto a soli 15 anni fa.
Non è una truffa, ma sicuramente è un po’ ingannevole
L’articolo 2 del disciplinare della produzione IGP specifica che la bresaola valtellinese deve essere solo «elaborata» nella tradizionale zona di produzione che comprende il territorio della provincia di Sondrio. L’articolo 3 si prescrive che deve essere ricavata dalle cosce di bovino tra i 18 mesi e i 4 anni; per produrre la Bresaola della Valtellina IGP, fatta e stagionata all’italiana, si può utilizzare qualsiasi tipo di bovino.
Questo è tutto merito dello zebù. Incrociando la vacca comune con questo bovino gli allevatori brasiliani ottennero un animale con della carne dura come la suola delle scarpe ma comunque è carne magra e va benissimo per le nostre bresaole. Paradossalmente, questa carne magra degli zebù allevati al pascolo brado, rischia di essere molto più sana di quella bovina italiana da allevamento industriale che si produce con degli animali sempre chiusi in stalla fin dalla nascita.
Qualche consumatore sarà quindi sorpreso di sapere tutto questo perché magari pensava che la carne da stagionare fosse gentilmente offerta dalle vacche e dai manzi delle nostre montagne. Ma sono ormai parecchi decenni che acquistiamo della carne brasiliana perché va bene per il nostro prodotto.