Tutti stanno già lanciando l’allarme delle criptovalute. È bastata soltanto una dichiarazione degli analisti di un’importante società finanziaria per gettare il panico tra gli investitori e per alimentare ancora di più il fuoco di chi da sempre è anti crypto. In questi mesi, secondo i loro dati riguardanti Bitcoin nel 2023 potrebbe crollare verso i 5.000 dollari di quotazione.
Tale previsione è stata esposta nella nota agli investitori datata nel 4 dicembre intitolata e in questo comunicato è stato dettagliato il possibile scenario futuro del mondo della criptosfera: Bitcoin ha infatti un rischio di ribasso parecchio maggiore del 70%. Visto un declino di questo tipo, il prezzo del Bitcoin sarà comunque ancora ben troppo caro, quindi $5.000 non saranno neanche vicini al fondo.
Si tratta proprio di un allarmismo o c’è qualcosa di vero in tali dichiarazioni? In un certo modo ci stiamo già da un po’ di tempo abituando al fatto che le criptovalute in linea generale nei prossimi mesi non raggiungeranno livelli importanti. L’inverno crittografico, lo abbiamo già affermato, continuerà per altri mesi anche in questo 2023. Inoltre, anche se Bitcoin raggiungerà forse i 500.000 dollari di quotazione, ci vorranno comunque più di 5 anni.
Bitcoin a 5 mila dollari: ecco spiegato il perché
Tornando alla previsione sulla quotazione futura di Bitcoin sfrattato alla cifra di 5.000 dollari, è interessante capire, però, il perché. Cosa spinge a sostenere tale teoria? E’ bene precisare che i rendimenti crollano insieme alle azioni tecnologiche e, mentre la svendita di Bitcoin rallenta, il danno è ugualmente stato fatto.
Sempre più società e scambi di criptovalute si trovano però con una liquidità insufficiente, portando ad ulteriori fallimenti e al crollo totale della fiducia degli investitori nelle risorse digitali. La ripresa dell’oro, ad esempio, in questo anno, arriverà quando le azioni riprenderanno il loro mercato ribassista e quando la correlazione tra i prezzi delle azioni e anche delle obbligazioni tornerà ad essere negativa.